«[…] e allora è tempo di tenere degli appunti più piccoli sfalsati di 3 mesi e 3 giorni dalla data di inizio. Con tutta la costanza e tutta la speranza.»
«È tempo» che il tempo inverta le sue coordinate, un tempo in cui le pagine di questo libro vengano sfogliate come si toccano i lembi di pelle prossimi a una lacerazione; perché il più delle volte l’azione che rimanda al gesto di apertura significa proprio questo: generare una ferita o «frantumare qualcosa, quindi, tutt’al più fare un’incisione, lacerare» (Didi-Huberman 2016, p.185) ché questo è un libro che trova la sua unità proprio in un’immagine colpita da frammenti, alla ricerca di un disvelamento sempre più prossimo ad una traccia d’iride, un solco.
Ti do i miei occhi di un tempo fa
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